martedì 19 marzo 2024   ::  
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DANTE - in appunto


 

San Francesco - nel paradiso di DANTE

 

autore: Beppe (Giuseppe) Abbati

 

 

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La figura di San Francesco disegnata da Dante anche con un linguaggio  dal carattere eroico, risulta speculare a quella di San Domenico.

Il canto XI illustra la vita di San Francesco,

ne snocciola i momenti essenziali e lo colloca nel cielo del sole, tra i sapienti, lui che si definiva illetterato. La descrizione di San Francesco inizia con una localizzazione  geografica, che individua l'esatto luogo di nascita del santo. Non è la prima volta che Dante utilizza un'introduzione geografica per presentare un personaggio, solo che in questo caso i dati prettamente geografici assumono un significato simbolico di evento spirituale. In questo modo, la città di Assisi  e la zona sono beatificate dalla preghiera, conferendo così al paesaggio una caratterizzazione mistica.

Dante sottolinea che Ascesi, nome antico toscano di Assisi, non è sufficiente, perché il più adeguato è Oriente, data l'equivalenza tra Francesco e il Sole, che nascendo, e quindi sorgendo ad Assisi fa di essa l'Oriente.  Tutto ciò è simbolo di virtù rinnovatrice e fecondatrice.

Dopo l'introduzione, le terzine, dominate da una concezione cristiana che vede il Santo di Assisi come Alter Christus , ripercorrono il gesto decisivo di Francesco: la rinuncia ai propri beni sulla piazza della cittadina umbra. Secondo la tradizione  artistica  nata dai dipinti di Giotto e Cimabue, che Dante segue, si accentuano i dati dell'estasi e del rapimento mistico della vita di Francesco. Così giovane, egli sostiene una dura battaglia con il padre per seguire una donna da tutti disprezzata, e che, dalla morte di Cristo, era rimasta sola e non amata: la Povertà.

Di fronte alla curia vescovile, dove proprio il padre l'aveva condotto per citarlo, Francesco rinuncia non solo ai suoi beni, ma anche agli abiti che indossa. E si "sposa" con la Povertà in mistiche nozze, e la loro vita prosegue con amore sempre più intenso.

L' imitatio Christi è sottolineata dal linguaggio aspro utilizzato da Dante ed è confermata dal seguito di seguaci che l'azione di San Francesco ha sollecitato, così come era stato per Cristo, dal viaggio in Terrasanta e dalle stigmate, "ultimo sigillo". L'amore tra Francesco e la sua mistica sposa è talmente coinvolgente da generare ammirazione, e in molti li seguono, scalzandosi, Dante descrive la potenza della dedizione di Francesco e la forza del coinvolgimento del suo operato sugli altri.


 

uniconro e grifone leone.JPG 

 

Canto XI - La Divina Commedia - Paradiso

 

 

O insensata cura de’ mortali,

 quanto son difettivi silogismi

 quei che ti fanno in basso batter l’ali!                             3

 

 Chi dietro a iura, e chi ad amforismi

 sen giva, e chi seguendo sacerdozio,

 e chi regnar per forza o per sofismi,                                6

 

 e chi rubare, e chi civil negozio,

 chi nel diletto de la carne involto

 s’affaticava e chi si dava a l’ozio,                                     9

 

 quando, da tutte queste cose sciolto,

 con Beatrice m’era suso in cielo

 cotanto gloriosamente accolto.                                       12

 

 Poi che ciascuno fu tornato ne lo

 punto del cerchio in che avanti s’era,

 fermossi, come a candellier candelo.                            15

 

 E io senti’ dentro a quella lumera

 che pria m’avea parlato, sorridendo

 incominciar, faccendosi più mera:                                 18

 

«Così com’io del suo raggio resplendo,

 sì, riguardando ne la luce etterna,

 li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.                          21

 

 Tu dubbi, e hai voler che si ricerna

 in sì aperta e ‘n sì distesa lingua

 lo dicer mio, ch’al tuo sentir si sterna,                           24

 

 ove dinanzi dissi "U’ ben s’impingua",

 e là u’ dissi "Non nacque il secondo";

 e qui è uopo che ben si distingua.                                 27

 

 La provedenza, che governa il mondo

 con quel consiglio nel quale ogne aspetto

 creato è vinto pria che vada al fondo,                             30

 

 però che andasse ver’ lo suo diletto

 la sposa di colui ch’ad alte grida

 disposò lei col sangue benedetto,                                 33

 

 in sé sicura e anche a lui più fida,

 due principi ordinò in suo favore,

 che quinci e quindi le fosser per guida.                        36

 

 L’un fu tutto serafico in ardore;

 l’altro per sapienza in terra fue

 di cherubica luce uno splendore.                                   39

 

 De l’un dirò, però che d’amendue

 si dice l’un pregiando, qual ch’om prende,

 perch’ad un fine fur l’opere sue.                                     42

 

 Intra Tupino e l’acqua che discende

 del colle eletto dal beato Ubaldo,

 fertile costa d’alto monte pende,                                    45

 

 onde Perugia sente freddo e caldo

 da Porta Sole; e di rietro le piange

 per grave giogo Nocera con Gualdo.                             48

 

 Di questa costa, là dov’ella frange

 più sua rattezza, nacque al mondo un sole,

 come fa questo tal volta di Gange.                                 51

 

 Però chi d’esso loco fa parole,

 non dica Ascesi, ché direbbe corto,

 ma Oriente, se proprio dir vuole.                                    54

 

 Non era ancor molto lontan da l’orto,

 ch’el cominciò a far sentir la terra

 de la sua gran virtute alcun conforto;                             57

 

 ché per tal donna, giovinetto, in guerra

 del padre corse, a cui, come a la morte,

 la porta del piacer nessun diserra;                                60

 

 e dinanzi a la sua spirital corte

et coram patre le si fece unito;

 poscia di dì in dì l’amò più forte.                                     63

 

 Questa, privata del primo marito,

 millecent’anni e più dispetta e scura

 fino a costui si stette sanza invito;                                  66

 

 né valse udir che la trovò sicura

 con Amiclàte, al suon de la sua voce,

 colui ch’a tutto ‘l mondo fé paura;                                   69

 

 né valse esser costante né feroce,

 sì che, dove Maria rimase giuso,

 ella con Cristo pianse in su la croce.                            72

 

 Ma perch’io non proceda troppo chiuso,

 Francesco e Povertà per questi amanti

 prendi oramai nel mio parlar diffuso.                            75

 

 La lor concordia e i lor lieti sembianti,

 amore e maraviglia e dolce sguardo

 facieno esser cagion di pensier santi;                          78

 

 tanto che ‘l venerabile Bernardo

 si scalzò prima, e dietro a tanta pace

 corse e, correndo, li parve esser tardo.                         81

 

 Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!

 Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro

 dietro a lo sposo, sì la sposa piace.                              84

 

 Indi sen va quel padre e quel maestro

 con la sua donna e con quella famiglia

 che già legava l’umile capestro.                                     87

 

 Né li gravò viltà di cuor le ciglia

 per esser fi’ di Pietro Bernardone,

 né per parer dispetto a maraviglia;                                90

 

 ma regalmente sua dura intenzione

 ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe

 primo sigillo a sua religione.                                           93

 

 Poi che la gente poverella crebbe

 dietro a costui, la cui mirabil vita

 meglio in gloria del ciel si canterebbe,                         96

 

 di seconda corona redimita

 fu per Onorio da l’Etterno Spiro

 la santa voglia d’esto archimandrita.                            99

 

 E poi che, per la sete del martiro,

 ne la presenza del Soldan superba

 predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro,                           102

 

 e per trovare a conversione acerba

 troppo la gente e per non stare indarno,

 redissi al frutto de l’italica erba,                                     105

 

 nel crudo sasso intra Tevero e Arno

 da Cristo prese l’ultimo sigillo,

 che le sue membra due anni portarno.                       108

 

 Quando a colui ch’a tanto ben sortillo

 piacque di trarlo suso a la mercede

 ch’el meritò nel suo farsi pusillo,                                  111

 

 a’ frati suoi, sì com’a giuste rede,

 raccomandò la donna sua più cara,

 e comandò che l’amassero a fede;                              114

 

 e del suo grembo l’anima preclara

 mover si volle, tornando al suo regno,

 e al suo corpo non volle altra bara.                               117

 

 Pensa oramai qual fu colui che degno

 collega fu a mantener la barca

 di Pietro in alto mar per dritto segno;                            120

 

 e questo fu il nostro patriarca;

 per che qual segue lui, com’el comanda,

 discerner puoi che buone merce carca.                      123

 

 Ma ‘l suo pecuglio di nova vivanda

 è fatto ghiotto, sì ch’esser non puote

 che per diversi salti non si spanda;                              126

 

 e quanto le sue pecore remote

 e vagabunde più da esso vanno,

 più tornano a l’ovil di latte vòte.                                      129

 

 Ben son di quelle che temono ‘l danno

 e stringonsi al pastor; ma son sì poche,

 che le cappe fornisce poco panno.                               132

 

 Or, se le mie parole non son fioche,

 se la tua audienza è stata attenta,

 se ciò ch’è detto a la mente revoche,                           135

 

 in parte fia la tua voglia contenta,

 perché vedrai la pianta onde si scheggia,

 e vedra’ il corrègger che argomenta

 

 "U’ ben s’impingua, se non si vaneggia"».                 139

 

 

 

 

(108) E dopo che, per desiderio del martirio, predicò Cristo e i suoi discepoli alla presenza superba del Sultano d'Egitto, e dopo che, avendo trovato quei popoli restii alla conversione e per non stare lì invano, era tornato in Italia, sul monte della Verna tra Tevere e Arno ricevette da Cristo l'ultimo sigillo (le stimmate), che il suo corpo portò per due anni.

(139) "Dove ci si arricchisce spiritualmente, se non si devia dalla Regola"».

 

 


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