AGUSTONI Nadia
Storia del cane
Scherziamo sul dolore e l’averlo nella testa c’è un coltello magico per incidere i dolori sono le parole della quiete non dette l’uno due e tre contati per finta perché al via ci siamo, ma c’è il trucco.
Lo stesso succede al cane che si lancia e trova la catena sulla fine e non prende niente né capisce perché c’è chi ride passando e chi ha paura di una rabbia sperduta dell’occhio che afferra un limbo.
Martino Baldi
Piccolo libro dei mostri - prologo
I mostri camminano sempre, anche nel sonno. Hanno un segreto cangiante nel buco dietro il cuore rinvolto in un pugno di carta marrone e di spago e un piccolo uncino a cui stagionare i ricordi.
I mostri più esperti hanno imparato a prendere e lasciare senza usare le mani e cercano di insegnarlo ai nipotini. Qualcuno di loro possiede una memoria a forma di nido, di orto o labirinto o in altri settanta formati diversi. Di notte vi passano vicino e dalle tasche di cappotti enormi e misteriosi estraggono manciate di profumi. Gettano ogni cosa all'aria ed alla terra: i dispiaceri diventano ortica i sogni crescono e diventano bambini.
BISSOLATI Flavio
Drammaturgia
Annegato
in un luminescente
coma
di miraggi
e distruzioni.
BARTONE Elena
Il passo della luna
Appena un bicchiere di vino bianco
per dare un senso a questa giornata
che non ha nulla da dire,
non mi da il senso delle tue parole stanche
né i contorni del tuo viso
che ricorda il passo della luna
nei silenzi siderali.
Niente ripaga la gioia
del tuo palpitare
in un calice
che sa di stagioni tradite
dal riflesso delle ore.
Armonie d’aurora
si staglia all’orizzonte
di gioventù che svaniscono
allo spuntar della vita.
Mi inebrio di incantesimi di luce
tra gli alveari delle tue alcove
che arpeggiano l’ironia della sorte
e la fugacità dell’attimo.
Mi riconosco creatura lieve
che canta agli alberi dell’autunno
il ritmo incessante
delle cose che vagano
senza meta in un plenilunio
di favole antiche.
CARLI BALLOLA Riccardo
L’ultimo Eden
Con gli occhi
oltre la superficie,
dentro le cose,
per dire lo stesso
quel che appare,
anche senza vedere;
scoprire altri cieli,
isole dove abitare,
ridere, piangere
danzare ancora,
scuotere le ali
con brio,
come una mosca,
prima
della fine.
Caccamo Eugenio
Lu Ponti
Lu Signuruzzu fici stà Sicilia sfavillanti Isula n'mezzu lu mari cchiù mpurtanti Nà la sò testa certu avia l'idea Cà la Trinacria du munnu era la dea.
Tutti li re di dinastii straneri Si sinteru rinasciri a siciliani veri Tra li vari Ruggeri, Guglermi e Federici Truvamu sulu nnammurati e di stà terra amici
Isula era e isula arristau Anchi quannu ù Savoia si la futtiu Lacrimi e sangu chiuvèru nà sta terra Maniata e sminnata comu doppu nà guerra
Li peri n'ta la testa Roma nnì mittiu E puru ora di nuautri sinni futtiu E' jorni nostri pi scipparinni l'urtima valenza Lu ponti vonnu fari pi scancillari la nostra esistenza !
CALDERONI Soemia
Valeria
Meteora
fosti per me,
nella tua infanzia
e nella prima giovinezza.
che con i tuoi bagliori
illuminavano
a tratti, fedelmente,
la corsa dei giorni miei
spesso pensosi
e in ansia.
La tua luce,
nel riserbo,
proveniva
dalla tua bellezza,
dal tuo impegno,
ma non saziava
la mia sete di affetto,
d’espansione.
Oggi, .lontana,
sei solamente
nel mio ricordo,
nel mio sogno
e non nei miei giorni
monotoni e freddi
che nel contarli
si esauriscono
con la mia vita
tesa nel desiderio vano
di avere vicino a te,
la mia luce
discreta.
CASELGRANDI CENDI Carla
Il lampo d’un sorriso
Il lampo d’un sorriso
può rivelarti il mondo
farsi pegno o prigione
di un futuro che spende il suo futuro.
Patrizia CAVALLI
L'Eden
Mi hanno mandato via?
E io me lo rifaccio.
E visto che ci sono lo miglioro.
CIMINO Lorenzo
Tracce
Questo minerale è impresso
di orme che non sono senza tempo.
Certo, mi sento sospeso,
quasi ubriaco, in un mondo
che pare un’immensa brughiera
deturpata con scorie che furono cose,
orizzonti, strade delimitate
da palizzate di bronzo.
E’ in questo modo
che ho perso le coordinate.
Ma, inspiegabilmente piango,
come vedete, qui,
su questo angolo, rimasto
unico segno di un attimo reale.
DE ANGELIS Milo
E’ Tardi
Non ho saputo capire non so ancora se l'incrocio dei pali è legno o leggenda se i baci sono freddi nella mia poesia o nel primo sguardo delle labbra sigillate, se l'amore passa senza suono tra i corpi nudi che nessuna ombra custodisce. *** Ma poi quell'ansia ostruita trovò le sue labbra. Tutto era nelle parole portate una alla volta. Portate a coloro che attendono. Solo a loro, nelle strettoie dell'urlo. Era il pane che si mescola al sangue. Era la stessa sillaba che ci chiama dai sotterranei, perduta impronta digitale, sguardo dei grandi occhi senza ciglia. *** Torna antica la parola e quella stanza era un suono di fogli e neon, lesione nella castità delle dita a precipizio tra due pareti, scendo in un giorno remoto, il polpaccio s'indurisce, tutto finisce a mezzogiorno, di ombra in ombra si abbrevia una vita, l'erba cresce nei corridoi bisogna consegnare, tra qualche minuto, bisogna consegnare anche la brutta. *** E’ tardi nettamente. La vita, con il suo perno smarrito, galleggia incerta per le strade e pensa a tutto l’amore promesso. Cosa attende da me? Dove batte il cuore dei perduti? E’ questa la meta misteriosa di ciò che vive? La casa si allontana dai soggiorni, tutto è consegnato all’evidenza della fine, tutto è sfuggito… … ma la sillaba che stringeva la gola è questa.
DE ROSA Luigi
Tramonto sul mare
Una liquida lastra rosso-azzurra
nell’abbraccio del golfo del Tigulio
ingoia il sole, in punta a Portofino,
in un tiepido tramonto di gennaio.
Agavi, fichidindia, pini
si protendono da terrazze e giardini
imbevendosi di luce e di calore.
Ma se un giorno dobbiamo scomparire
da questo palcoscenico che è il mondo,
perché, così spesso trabocca
di dolcezza di vivere
e di ardente splendore?
FAVILLA Eliana
Fotografia d’autore
Pure se in bianco
e nero, è luce azzurra
lo sfondo, c’e’ un riverbero
nell’aria;
un fico torto intrica
diti e diti
con unghioli di gemme.
In basso il canto
d’un muretto – non argine,
non limite –
incentra chiaro
e scuro di poeta.
ERMINI Flavio
La rupe delle ali
le forme relittuali, il gemito, la donna ostile,
L'errore sta proprio nell'uso delle ali.
nell'atto di cadere che gli è connaturato,
con movimenti appena percettibili si sottrae
alla luce l'uomo, mentre scende nuovamente la notte,
la stessa, ancora un'altra, sempre uguale
gravitano le forme relittuali
attorno al proprio centro prima di essere cancellate
da ulteriori forze esterne
con un lamento che è poco
più di un gemito di chi cade e muore, cade e cade l'uomo
lasciato fin dalla nascita nell'abbandono
ha tante varianti il dolore
quante sono le creature insepolte nell'inerme moto discendente
che nemmeno l'uso delle ali può rallentare
ai movimenti ripetitivi della donna ostile
conferisce leggerezza l'espiazione, malgrado il sangue
che sotto le sue unghie resta raggrumato
e mette a disagio i sopravvissuti
ha molti emissari la prima
voce che al compimento del volo si leva priva di eco
LANDO Marco
La striscia azzurra
Seguendola, capii si sarebbe
rivelata nel cielo delle vette
continuando in me il richiamo
per ogni giorno verso la fine.
Giù era il piano, il fiume, la valle
era la neve, il vento quieto,
il tempo e i Tempi
dove poter scrivere dei suoi monti.
Alfredo LUCIFERO
identità
vedo la mia anima
specchiata sul tuo viso:
forse ti amo
MALIZIA Salvatore
Lallare
a mia madre
Felicità di lallare del bambino
con suoni spontanei,
semi di parole,
promesse di creatività annunciata.
Mi sovvengono arcaiche parole,
ormai desuete,
della madre al bambino,
sognatore trasognato.
Diceva: “Figghiu meu, ma comu si’ allallatu?”
o celiava:
“babau… babau… settete”
gioco a nascondere e a ritrovare
dietro il velo il volto della madre.
Si rimane segnati da gesti e parole arcane
per caso ricordate.
MENOTTI GALE0TTI
Il dolore di Caterina
Come parlano i tuoi occhi
dolorosi accenti
se il Vate scomparso
recita silente
versi d’amore.
Quel di – all’alba radiosa –
saranno perle nel mare
infinito le lacrime
d’oggi.
NICEFORO Alessio
Disperatamente
Amare, amare, amare disperatamente.
Amare disperatamente i tuoi occhi,
i tuoi capelli, il tuo sorriso,
oppure amare disperatamente un fiore,
un tramonto una stella lontana.
Amare disperatamente
le espressioni più elevate della mente umana,
amare disperatamente te stesso,
amare disperatamente Dio.
Ma perché poi disperatamente?
Non si potrebbe amare tutto questo con serenità?
NUVOLONE Silvano
Sembianze
Carezzo gocce di pioggia
scivolanti sulla clessidra del viso
a incidere di tempo questa luce dicembrina.
Bizzarro vento,
sembianza d’inverno
mentre alberi lacrimano foglie
e l’airone muta le ali in volo.
Nei fuochi accesi
sembianze di presenze
lungo fumo di parole, gesti,
forse ritorni
o appena un giorno di festa,
giorno di sposa
lasciato presto, troppo presto
fra i panni dimessi dell’ultimo viaggio.
Raccolgo resti d’autunno,
amalgama gelida d’oro e fango
che terra nasconde,
gocce di pioggia
graffianti la clessidra del viso,
sembianze che ieri, appena ieri
erano neve.
Elio Pecora
Il limite
Starsene qui, nelle stagioni che mutano,
è la norma comune: il dono estremo e l'uscita.
A chi varcò la soglia non è dato tornare:
solo forse nel sogno dice parole slegate
troppo simili a queste dei nostri percorsi.
E seguitiamo assorti, a volte sorpresi,
ogni attesa è un gioco,
ogni dubbio l'incaglio di una deriva,
e diamo numeri ai giorni,
piedi alle voglie,
confini al vagare
- sforniti di mappe, ignari del porto.
RONDONI Davide
Quasi cantata
Afferra la sua luce senza limiti dicembre quando tu mi apri gli occhi vicino, neve notturna splendore strano, sospensione gelata dei rami che erano gemiti e ora . . . Afferra la sua luce senza confini il cielo se tu chiami dagli archi del silenzio e nel mio corpo reclami quel che era cieco ed immobile e dalle terrazze del mio dolore ti esponi
apri gli occhi e la luce brucia i suoi margini e anche quel che sul mio viso sembrava duro e ora . . .
Afferra la sua luce di meraviglia l'inverno quando ti avvicini ed è tutto impossibile, eccetto l’eterno.
ROSSI Valter
Epilogo
C’e sempre un’ultima pagina
per il riassunto della vita
che altri vorranno fare
dopo che il tuo taccuino di viaggio
avranno preso a sfogliare
se non penseranno
a pagine da buttare.
SPAZIANI Maria Luisa
Voce
Natale è un flauto d'alba, un fervore di radici che in nome tuo sprigionano acuti ultrasuono. Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli in eterno ubriachi di pura solitudine. Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie: una voce che smuove e turba anche il cristallo, il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.
STUTO Maria
Vento
Disse ad un ventaglio
un saggio Archimandrita
dimmi ventaglio
cose è la vita?
E il ventaglio
con molle ondeggiamento:
è solo Vento –
Vento – Vento.
SUGLIA Argo
La liturgia dei “senza”
O mio paese bianco senza rima
perduto tra le case – con le strade
vuote di gente d’ombra intabarrata
senza sesso né mestrui né passioni
Unto di reticenze simulate
nei tre bastioni tronfi – i tre cantoni
dell’orrore stravolto e del disgusto
del mare imbizzarrito e senza trombe
d’aria di ritmi folli e di uragani
o mio paese senza fantasia
di stridi e di assonanze al temporale
tu stai morendo bianco. O casa mia!
senza il grido d’un figlio al capezzale
senza fuoco né furia e senza pianti
senza l’orgia dei lampi sui bastioni
senza speranza e senza mai più canti.
VITALE Graziano
Cadde la lama
Cadde la lama
sulla pelle nuda,
un brivido camminò
con lui nel deserto.
Credette di poter fermare
la lama della vita
spostando la testa poco più in là.
Ma fu scostante e cadde
in un sonno profondo.
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