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La musica è (in)finita
di Mauro Cavagliato

note: Chicca Morone
Che l’autore non meriti un’autobiografia (come lui stesso cita nella premessa) è da discutere, perché la storia di una vita, che è la storia di un amore, trova tra le pagine di un volume particolare e intrigante un suo motivo di essere, che senza il protagonista e la sua visione disincantata non potrebbe testimoniarci un periodo passato quasi nell’oblio dei molti.
La musica è (in)finita porta con sé le immagini di quegli anni in cui la mia generazione ha incontrato la ribellione, il Sessantotto da qualsiasi parte sia stato vissuto; anni in cui si è sovvertito l’ordine di molti capisaldi, si sono invertite le tendenze nella musica come nel quotidiano.
Più che le immagini, però, è la testimonianza diretta che ci trasporta tra le note di quel periodo: canzoni dense di opinioni per “un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” raccontate da un giovane aspirante “quintobeatle”, sabaudamente in equilibrio tra dovere e piacere, in pieno furore creativo e senza autocommiserazioni, nonostante l’incontro con il Fato crudele.
Gli episodi che si susseguono portano in loro il senso di realtà, ma ciò che maggiormente rende il testo accattivante è l’umorismo con il quale l’autore si vive e si giudica con il senno di poi.
Un libro da leggere una prima volta rapidamente per cogliere tutti i ricordi che i titoli fanno emergere… poi una seconda volta per gustarne la scrittura elegante e priva di forzature, così rara oggi!
Chicca Morone /settembre 2016
PREFAZIONE dell'autore:
Io non merito un’autobiografia: non ho inventato nuovi farmaci, non ho vinto il Premio Nobel per la pace, non sono andato sulla luna, non ho calciato il rigore decisivo nella finale dei Mondiali 2006.
Ho vissuto una vita intensa, con grandi gioie e con qualche dolore notevole, ma questo non giustifica ancora il racconto della mia esistenza. Ciò che può motivarlo è solo la musica che, accompagnando tutti i miei giorni, mi ha fatto vivere esperienze importanti, che spero possano risultare interessanti anche per chi ne leggerà il resoconto.
Sono episodi spesso piccoli; dopo tutto io non sono un grande musicista. Talvolta sono comici, altre volte risultano malinconici, ma sono comunque veri, a dimostrazione di come la realtà sia sempre la sceneggiatrice più fantasiosa e imprevedibile.
CAMPIONI DEL MONDO?
Nella mente dei ragazzi nati negli anni ’50 un posto di rilievo è occupato dal ricordo della mitica partita Italia-Germania 4 a 3 (Messico, 1970), disputatasi quando in Italia era notte fonda. La “madre di tutte le partite” io la vidi su un modesto televisore in bianco e nero (il colore arrivò alla fine dei ’70), in una casa di campagna, senza genitori, con altri cinque ragazzi. Uno di loro (mio fratello, ho imbarazzo a dirlo) dormì placidamente tutta la notte, mentre io e gli altri “veri maschi patrioti” ci sgolammo letteralmente per sostenere, a 5000 chilometri di distanza, Albertosi, Rivera e gli altri. Anche se si trattava soltanto di un evento sportivo, quella notte mi sentii parte di qualcosa e la sensazione mi piacque.
In seguito mi capitò raramente. Ricordo che nel 2006, tornando a casa dopo aver assistito al trionfo calcistico degli Azzurri, fui redarguito da un ragazzino imbandierato che, dandomi del lei, mi rimproverò scandalizzato: – Ma perché non esulta? – Già, perché? Non sono un misantropo e neanche un timido, ma ho difficoltà a stare in una tribù, anche la più qualificata: mi sono trovato bene nei Lupetti, ma ne sono uscito quarantasei anni fa. Però c’è stato un momento in cui mi sono sentito davvero parte di un Mondo, condividendo le emozioni con milioni di persone.
Mi riferisco ancora ai primi anni ’70, quando il Progressive rock conquistò la scena mondiale e anche me.
estratto tratto da:

La musica e' (in)finita
di Mauro Cavagliato
Genesi Editrice, 2016
Collana Novazioni
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