napoleone Bonaparte; conversazioni sul cristianesimo; aminamundi; binda miriam NAPOLEONE CONVERSAZINI SUL CRISTIANESIMO
sabato 27 luglio 2024   ::  
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Napoleone Bonaparte

CONVERSAZIONI SUL CRISTIANESIMO

 

collana: Itinerari della fede

pagine: 96 - anno: 2013

ESD /Edizioni Studio Domenicano

 

Un documento-fonte che rivoluzionerà il nostro modo di considerare Napoleone (nato ad Aiaccio in Corsica nel 1769 e morto nel 1821)  si tratta della trascrizione di conversazioni improvvisate di Napoleone, trascrizione fedele compiuta da generali e medici, francesi e inglesi, credenti e miscredenti, che lo assistettero durante i sei anni di esilio.

«Esiste un Essere infinito, a paragone del quale – generale Bertrand – non siete che un atomo; a paragone del quale io, Napoleone, sono un vero niente, un puro nulla, mi capite? Lo sento questo Dio... lo vedo... ne ho bisogno, credo in lui». Il 15 ottobre 1815 Napoleone, sconfitto a Waterloo, sbarca a Sant’Elena insieme ad alcuni ufficiali rimastigli fedeli. A questi confiderà le sue più intime convinzioni sulla fede, che saranno poi fedelmente trascritte. Da queste conversazioni emerge un’immagine di Napoleone, ben diversa da quella tramandataci da certa storiografia. Non un uomo materialista e anticlericale, ma un cattolico convinto che ha maturato la propria fede. Napoleone elabora un’efficace prova dell’esistenza di Dio che si fonda anche sulla propria esperienza di vita, riflette con animo appassionato sulla persona e la vita di Gesù Cristo, sulla Croce, sull’Eucaristia, sui rapporti tra fede cristiana e religione islamica, tra fede cattolica e protestantesimo. E infine racconta i suoi rapporti con il papa Pio VII e perché lo fece condurre in Francia e rivela che: «Quando il papa era in Francia, gli assegnai un palazzo magnifico a Fontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messo a sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali, anche se non uscì mai. Il papa era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che il papa smentì pubblicamente».

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Prefazione del Cardinal Giacomo Biffi.

Traduzione di Vito Patella.

Curatore  Giorgio Carbone.

 


Dalla prefazione:

Chi pensa un Napoleone sempre immerso in strategie, piani di battaglia, mosse politiche sugli scenari interni ed esteri, si stupirà di trovare un uomo molto colto che padroneggia la storia, la filosofia e anche il pensiero del suo tempo. A un Bertrand che si stupisce della sua religiosità e che, da buon positivista, gli propina la solita manfrina di Cristo come «grande uomo» al pari di Alessandro Magno, Cesare e Maometto, risponde: «Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni. Questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito».

Bertrand, rispettosamente, si permette di insistere e Napoleone gli dice che quasi si pente di averlo fatto generale: «Lei, generale Bertrand, parla di Confucio, Zoroastro, Giove e Maometto. Ebbene, la differenza tra loro e Cristo è che tutto ciò che riguarda Cristo denuncia la natura divina, mentre tutto ciò che riguarda tutti gli altri denuncia la natura terrena». E continua: «Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l’invenzione di un uomo?». Ma Bertrand non è ancora persuaso e continua a balbettare di Cesare e Alessandro. E l’ex Imperatore, spazientito: «Ma l’impero di Cesare quanti anni è durato? Per quanto tempo Alessandro si è sostenuto sull’entusiasmo dei propri soldati? (…) I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo?». A questo punto Napoleone va avanti da solo come un torrente in piena: «Non c’è via di mezzo: o Cristo è un impostore o è Dio (…). È vero che Gesù propone alla nostra fede una serie di misteri, il primo dei quali è la seguente sconcertante affermazione: Io sono Dio, con la quale affermazione scava un solco incolmabile tra la sua e tutte le altre religioni».

Non seguiremo qui, però, tutta la ferrea logica argomentativa del Bonaparte, manca lo spazio. Ci limiteremo a sottolineare la sua niente affatto superficiale conoscenza anche del Corano: «Maometto è credibile solo quando si appoggia sulla Bibbia e sul sentimento innato della fede in Dio. Per tutto il resto, il Corano è un sistema ardito di dominazione e di penetrazione politica». O l’acuta osservazione che «Gesù non è mai stato soggetto a critiche». Infatti, tutti gli eretici di ogni tempo, compresi quelli “laici” come gli illuministi, se la sono sempre presa semmai con la Chiesa, colpevole ai loro occhi di aver tradito il «vero» insegnamento di Gesù. La figura di Gesù, anzi, è stata accaparrata da tutti: Gesù primo massone, primo rivoluzionario, primo socialista…

Altro spunto di meraviglia per Napoleone: «Dopo san Pietro, i trentadue vescovi di Roma che gli succedettero furono tutti, senza eccezione alcuna, martirizzati. Così, per almeno tre secoli, la cattedra romana fu sinonimo di morte sicura per coloro che vi salivano (…). In questa guerra, tutti i poteri della terra si trovarono coalizzati da una parte, contro chi? Poveri uomini e donne, miserabili e inermi». Eppure, il cristianesimo ha trionfato su Roma e sul mondo intero. Gesù un semplice «grande uomo»? Napoleone scuote il capo: «Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita (…). Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici». Invece, Cristo è sempre qui, e dopo di Lui anche i suoi nemici odierni continuano a non poter dirsi cristiani, perché anche l’attuale relativismo non è che una eresia cristiana secolarizzata.

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Napoleone Bonaparte, Conversazioni sul cristianesimo, prefazione di Giacomo Biffi, ESD, pp. 90

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