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Cristianesimo e Occidente

la "nuova evangelizzazione" auspicata non è solo rinnovato annuncio, ma nuova forma di esso imposta dalla permanete trascendenza della veirtà del Vangelo rispetto a ogni dottirna acquistata alla consuetudine della coscienza e rispettivaente della Chiesa.
(di Giuseppe Angelini)
Il modello teorico della netta separazione tra cristianesimo e civiltà, tra fede e cultura, tra giustizia del regno e giustizia civile, corrisponde al progetto della laïcité in senso francese; la laicità, in questo senso, prevede la scomparsa della religione dallo spazio pubblico.
Al contrario, il modello della libertà religiosa (religius freedom) riconsoce all’espereinza religiosa dignità pubblica; addirittura chiede alle religioni di essere come riserve di senso che impediscono la statalizzazione dello spazio pubblico.
La libertà religiosa riconosciuta da entrambi i modelli, assume determinazioni diverse. Nella prospettiva della laïcité comporta il diritto di aderire interiormente a determinate credenze, o magari anche a nessuna, ma senza che mai la pratica religiosa contamini le relazioni sociali. Nel modello religius freedom, invece la libertà religiosa è estesa quanto le forme dell’agire sociale, del giudizio e della discussione; tutte le forme dello scambio sociale possono cercare nell’esperienza religiosa fondamento e criteri, l’eventualità non è avvertita come minacciosa; al contrario le manifestazioni della libertà religiosa concorrono positivamente alla costituzione dello spazio pubblico.
Alla fine degli anni Sessanta il mutamento antropologico mostra in maniera spietata, quanto fosse poco “razionale” il consenso tradizionale a proposito dei significati elementari della vita. In questa prospettiva è da intendere il consenso dato al “paradosso Bockenforde”: “Lo stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non è in grado di garantire”. Lo Stato liberale per amore della libertà espone la società al rischio di dissoluzione; la libertà garantita dallo stato liberale opera nel senso di rompere i legami sociali; minacciano di venir meno le condizioni civili indispensabili alla libertà del singolo. la via d’uscita dal paradosso non può essere quella procedurale indicata da Habermas; egli stesso riconosce che le prospettive di senso, indispensabili per generare convinzioni nel singolo, possono venire soltanto dalle tradizioni di senso di carattere religioso. Per Ratzinger il rimedio deve essere cercato coltivando la ““necessaria correlatività tra ragione e fede, ragione e religione che sono chiamate alla reciproca purificazione e al muto risanamento, e hanno bisogno l’una dell’altra e devono riconoscersi l’una nell’altra.”
I due partner principali in questa correlatività sarebbero la fede cristiana e la razionalità “secolare occidentale ma che cosa sia precisamente questa razionalità “secolare” non è facile precisare; presumibilmente si tratta della razionalità del diritto etsi deus non darethur, al quale l’Europa si è affidata per rimediare ai fanatismi religiosi; essa è però legata a un contesto civile la cui evidenza è “attualmente legata a determinati contesti culturali e deve per necessità riconoscere di non essere, come tale, riproducibile nell’intera umanità e quindi neppure operativa in toto” .
In molti modi Ratzinger riconoscere la necessità di superare lo schema convenzionale, che vede ragione e fede come due ordini di conoscenza adeguatamente distinti; e tuttavia il modello teorico alternativo non si vede. La questione dei rapporti tra fede e ragione deve essere ritrattata introducendo la figura della cultura. Alle forme simboliche della cultura è da riferire la prima articolazione dei significati elementari della vita, che rendono possibile un regime di prossimità e di alleanza tra gli uomini. Il concorso del Cristianesimo alla generazione dell’Occidente si realizza appunto attraverso la creazione culturale.
L’efficienza della fede per rapporto alla creazione culturale è stata possibile perché i legami sociali sono obiettivamente gravidi di una verità religiosa. I processi di secolarizzazione moderni hanno negato tale loro qualità e dunque il loro obiettivo rimando al sacro. Il progressivo distanziamento tra società e religione ha comportato insieme il distanziamento tra società e conoscenza. Ha di riflesso compromesso le attitudini della coscienza individuale a investire la propria convinzione religiosa nei rapporti umani divenuti secolari. I rimedi sono da cercare in un rinnovato investimento della fede nel Vangelo del regno nell’ermeneutica dei legami sociali.
(tratto da Convegno di studi Cristianesimo e Occidente - quale futuro immaginare? Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale)
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